NewsIl Progetto Ciclope nelle ex Gallerie Caproni un viaggio tra passato e futuro

Il Progetto Ciclope nelle ex Gallerie Caproni un viaggio tra passato e futuro

Una visita in un luogo unico nel suo genere, quella avvenuta ieri a Predappio, guidata dal professor Talamelli, a capo del “progetto Ciclope”, con il team del Polistudio, che si è occupato del progetto di riqualificazione.

Un viaggio tra passato e futuro, così si può chiamare quello avvenuto venerdì 31 luglio presso le ex Gallerie Caproni di Predappio, a cui ha partecipato lo staff della società Polistudio di Riccione, che ha sviluppato il progetto di riqualificazione, e il prof. Alessandro Talamelli, luminare dell’Università di Bologna, a capo del progetto “Ciclope”, che ha guidato il percorso e con cui è nato un rapporto di stima reciproca.

 

Un posto unico nel suo genere, come del resto tutta la progettazione. Nella zona tra la Predappio Nuova e la Predappio Alta sono situati due complessi, un tempo formavano l’opificio Caproni voluto dal Duce: uno addossato al fianco della collina, costruzione a più livelli, in cui si allestivano i velivoli (al momento in disuso); l’altro a sinistra, quasi di fronte, dove sono state scavate due gallerie parallele, le “gallerie del vento”, di 130 metri ciascuna.

 

“Questo tipo di progetto – ha affermato il prof Talamelli – presenta problemi unici, per questo ci sono voluti molti anni per la sua realizzazione”. Qui convergono due storie parallele e che hanno un punto comune. “Predappio – ha continuato – come tutte le città ideali doveva avere un’industria all’avanguardia, e la più all’avanguardia era quella aeronautica; doveva inoltre avere un luogo strategico per difendersi dagli attacchi nemici: le gallerie”. Solo molti anni dopo la guerra, il sindaco di Predappio ha deciso di proporlo come laboratorio per l’università.

 

“Parallelamente, nei centri di ricerca più famosi, come quelli di Gottinga e di Cambridge, si portava avanti la ricerca sulla fluidodinamica, in particolare applicata a velivoli da combattimento. Dal 1935 al 2010 non sono stati fatti grandi progressi, perché le capacità di calcolo dei computer non erano in grado di risolvere certi problemi. Nel 2000 i più importanti centri universitari di questo settore, quali Chicago e il Max Planck institute di Gottinga, si sono messi insieme per trovare un esperimento che potesse far luce su queste problematiche: come si comporta l’aria quando viene a scivolare sulle superficie degli aerei”.

 

Ma qual era l’obiettivo di questi studi? “Questo un tempo serviva per rendere gli aerei più manovrabili e più difficili da abbattere, oggi, con l’aumento del prezzo del combustibile, serve per abbattere drasticamente il consumo. Purtroppo, per svariate ragioni è risultato un esperimento complicato, perché richiedeva spazi enormi e caratteristiche ambientali particolari. Da qui gliscienziati hanno iniziato a cercare laboratori di questo tipo in tutto il mondo, fino ad arrivare a queste gallerie. La coincidenza è che qui si costruivano aerei e noi studiamo gli aerei”.

 

Un ringraziamento particolare va dunque al Comune di Predappio che “ha contribuito alla realizzazione di questo grande progetto, acquistando terreni per poter installare i sistemi all’esterno. Sistemi che servono in parte a permettere ai ricercatori di vivere all’interno, in parte servono a garantire che i flussi nella galleria del vento siano quelli che vogliamo noi, sia nelle parti dedicate al laboratorio, sia in quelle dedicate alle attrezzature”.

 

Cos’è il “progetto Ciclope”? “Il ‘Ciclope’ fa parte di una rete di attrezzature per lo studio del comportamento del fluido vicino alla superficie dell’ala, quello che poi è causa della resistenza. I fenomeni che avvengono tra parete solida e fluido sono assolutamente sconosciuti. In futuro cercheremo l’ottimizzazione dell’aerodinamica, ma al momento cerchiamo di capire perché si può raggiungere un ottimo. Siccome i computer non sono ancora abbastanza potenti, questo tipo di attività va fatta sperimentalmente secondo i parametri della realtà e questo è molto difficile”.

 

Per riprodurre fenomeni reali si può agire con tre modalità “lavorare in pressione molto elevata, ad esempio un’attrezzatura, una galleria del vento capace ad andare a 200-300 atmosfere, installabile in un laboratorio universitario, come a Princeton; raffreddare l’aria a -273 gradi, come al CERN; oppure utilizzare strumenti grandi. Quest’ultima è la nostra strategia, che ci permette di fare un’opera complessa, ma poi tutto è in discesa, possiamo utilizzare sonde e materiali disponibili in commercio”.

 

Che tipi di modelli vengono utilizzati? “Per studiare il comportamento del fluido di fronte a una superficie solida – ha spiegato il professore – non abbiamo nessun modello, è la galleria stessa l’involucro esterno che è la superficie su cui il flusso scorre e su cui noi andiamo a studiare i fenomeni fisici. Il tubo in fibra di carbonio percorre tutti i 130 metri della galleria ed è largo 90 cm (poiché dev’essere in rapporto con il diametro). Tutto questo oggetto lo utilizziamo per studiare un millimetro cubico di questo fluido. Dovete vederlo come un biologo che studia il virus, qualcosa di enorme per ingrandire i fenomeni fisici. Il ‘Ciclope’ è dunque l’attrezzatura che serve per andare a studiare fenomeni microscopici”. 

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